Mantra Madre, la tradizione del matrimonio mistico e del risveglio

Deprogrammazione e Intimizzazione
Intervista a Selene Calloni Williams di Silvia Turrin

Elefante

Secoli di segretezza e di tradizione strettamente orale, poi, nel 2011, con il consenso dei Maestri, Selene Calloni Williams inizia da Edimburgo (non è certo un luogo scelto a caso) la diffusione della ancestrale tradizione del Mantra Madre. Lei stessa è Maestra del Mantra Madre e si fa carico di rappresentare la diffusione di questa antica tradizione in Europa. Recentemente Selene Calloni ha pubblicato il libro  “Mantra Madre” con Edizioni Mediterranee. In pochi giorni il suo libro è schizzato in cima alle classifiche dei libri più venduti. C’era una grande attesa intorno a questo libro.
La tradizione del Mantra Madre trasporta un segreto che è nel cuore di tutte le grandi religioni dei popoli e nell’alchimia: il matrimonio mistico o nozze alchemiche. Il tema è estremamente affascinante e spiega il grande successo del libro.

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“È possibile”, chiedo all’autrice, “esporre in sintesi per i nostri lettori che cosa è il matrimonio mistico?”

“È il sodalizio, l’unione profonda d’amore con tutto ciò con cui siamo in relazione. Il mondo può essere una valle di lacrime oppure la “valle del fare anima”, come lo definì Keats (partendo da un’idea già espressa da Blake), in cui esistere è una esperienza di gioia immota, la gioia che non si perde mai.
Se tutto ciò con cui sei in relazione, persone, luoghi, eventi e persino cose sono uniti a te in un rapporto erotico, cioè creativo, la gioia è il normale stato d’essere, lo stato naturale, e il successo in ciò che fai arriva sempre, perché sei capace di farti ispirare, hai fiducia, sei aperto, e non hai paura.
L’amante mistico è nell’anima di tutte le persone e di tutte le cose. É una entità complessa, come un ologramma o un frattale, in cui l’uno è nella molteplicità e la molteplicità nell’uno. Persone, cose, eventi, sono maschere (la parola “persu” in etrusco significava “maschera”) che la divinità indossa per relazionarsi con te in un rapporto d’amore creativo e in molteplici aspetti che possiamo definire dei o spiriti.

Il rapporto che hai con gli altri e con il mondo dipende dal rapporto che hai con l’invisibilità, con il Signore dell’invisibilità, che chiamiamo dio.

L’uomo e la divinità sono permanentemente uniti in una unione erotica creativa, nella quale incessantemente si danno l’uno all’altro, svaniscono l’uno nell’altro per poi ricrearsi per amore. Questo è riconosciuto in tutte le grandi religioni dei popoli. Nell’Induismo è rappresentato da Shiva inscindibilmente unito alla sua sposa, Parvati, nel Buddhismo esoterico è rappresentato dal Vajradhara (il Buddha esoterico) raffigurato nell’unione erotica con la sua sposa, nel Cristianesimo esoterico, lo gnosticismo, è rappresentato dalla coppia Sophia (Conoscenza) e Cristo (Amore), per l’Ebraismo possiamo pensare a Salomone e alla sua sposa che danno voce al magnifico Canto dei Cantici che riecheggia altresì nelle poesie erotiche dei mistici islamici, i sufi, che narrano l’amore di Dio e dell’uomo in forme passionali, quasi carnali, come del resto è nelle preghiere di Santa Teresa d’Avila e di molte mistiche e mistici cristiani. Salomone e la sua sposa rappresentano dio e l’uomo.

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In questa relazione né il soggetto né l’oggetto, né l’uomo né dio esistono di per sé, come realtà separate. In verità esiste unicamente la loro relazione. Questa relazione è il darsi, è l’amore. Dio è una idea, un sogno, un desiderio dell’uomo e l’uomo è un’idea, un sogno, un desiderio di dio. La relazione è tale per cui l’immagine che l’uomo ha di sé dipende dall’idea che egli ha di dio.

Nello stato di natura ognuno è libero di forgiare la propria idea di dio, la quale poi gli rimanderà l’immagine di se stesso. Quando si crea una società, una cultura, tuttavia, questo non è più possibile. Gli individui devono condividere una idea di dio comune per dare vita alla civiltà. Ciò apre la porta alle manipolazioni, alle programmazioni inconsce. Se si pensa poi che le grandi religioni sono divenute grandi, cioè importanti ed estese, perché sono state prese dagli imperatori come religioni di stato (pensiamo a Costantino e al Cristianesimo o ad Asoka e al Buddhismo), si comprende che la misura del condizionamento è enorme e …. E finisce per divenire una realtà a se stante, come un mostro, una Matrix che ha una volontà propria alla quale asservisce tutti, per prima cosa  le chiese e le religioni stesse e i popoli.

Le culture si fondano sui miti. Il mito, fin dal tempo delle origini, crea e non descrive la realtà. Infatti il mito porta in essere l’immagine di un dio e, in tal modo, produce l’immagine dell’uomo come riflesso dell’immagine di dio.
Se creiamo il mito di un dio che è unico e per di più è un principio trascendente che vive in qualche cielo lontano, poniamo le basi affinché ci sia una unica verità, un unico capo e facciamo si che questo capo sia un principio esterno, lontano, irraggiungibile.

Se gli dei sono dodici -come gli dei olimpici- e a capo di tutti c’è un dio indiscutibilmente maschio, si sono poste le basi del patricentrismo e gli esseri umani saranno sempre più condizionati ad usare la parte logica, razionale, cioè maschile della mente a discapito del loro lato creativo, emozionale, cioè femminile, la scienza predominerà sull’arte che diverrà un’appendice quasi inutile del progresso.

Se poi nel mito c’è la figura di un eroe come Ercole o come uno dei molti santi della cristianità, dell’Islam, ecc., essere votati in vita al sacrificio sperando nella ricompensa ultraterrena sarà normale.

Il mito ci programma nei nostri comportamenti, anzi, li crea. Esso è la forma originaria di tutti i nostri comportamenti. Il mito non descrive il mondo, lo determina.
Anche la tecnologia che domina oggi il mondo ha sviluppo a partire da un mito e ha alla base una immagine che gli psicoanalisti chiamano archetipo e gli antichi avrebbero definito probabilmente come Atena, la dea della tecnica.

Il mito è vivo; respira con l’uomo che lo immagina, invecchia, si ammala, soffre e muore con lui per poi rinascere e continuare ad esistere nei suoi figli e nei figli dei suoi figli. Il mito ha sempre un carattere transgenerazionale; riguarda famiglie, popoli, etnie. È fatto dagli idei, cioè dalle idee (“eidola”, idoli) che sono immortali.

Zeus è all’origine androgino, sia uomo che donna, egli addirittura partorisce. Pur non avendo un utero, dà alla luce Atena e Dioniso. Diviene sempre più maschile con il passare del tempo, fino a che diventa l’indiscutibilmente maschio Giove dei romani. Ma cosa sia il maschio e cosa la femmina questo è deciso dal mito stesso. Vale a dire che non esiste l’essere maschio o femmina a priori. Il mito descrivendo la mascolinità di Giove la porta in essere e con essa porta in essere il maschio in quanto entità separata dal femminile e infine porta in essere la cultura patricentrica. Il nostro errore è pensare che le cose siano date da sempre, credere che ci sia una realtà che precede il mito, ovvero la nostra capacità di descriverla. Il mito viene prima dei comportamenti e delle cose.

Tutto dipende da ciò in cui crediamo.

Pensa di avere uno sposo o una sposa invisibile -come Hermes o Ecate, i grandi traghettatori- che ogni sera ti prende nel suo abbraccio e ti porta nel regno delle ombre, il mondo dei sogni, accompagnandoti proprio in quei luoghi che hai necessità di visitare per capire, rinforzarti, curarti, e poi ti riporta dolcemente alla veglia ogni mattina. Immagina una dea -Grande Madre che -come Demetra- ti tiene in contatto con le energie naturali, rendendoti fertile al di là di ogni tua più positiva immaginazione. Un dio come Plutone, che ti faccia avere le idee per conquistare l’abbondanza (“pluto” in greco significa “ricco”). Un dio come Ganesh, la divinità indù dalla testa di elefante che inspira gli scrittori e i musicisti, i narratori e i poeti. Si tratta di immagini bellissime da intimizzare sempre di più.

Due sono i movimenti della coscienza da effettuare riguardo agli archetipi, cioè alle immagini originarie delle nostre esperienze: deprogrammazione e intimizzazione.

Per avere idee libere -cioè idei liberi- bisogna innanzitutto liberarsi da quelle dettate dalla programmazione inconscia. Le idee che ti programmano non derivano direttamente dalla tua religione, ma dall’interpretazione sociale e istituzionale della religione.

La religione (re-ligo) è lo strumento di unificazione dell’umano al divino, dell’uomo alle idee, dell’individuo al suo mito. Se la religione di un uomo è la religione della libertà allora non importa che egli descriva il suo pantheon di idee con termini cristiani, islamici, pagani, induisti o buddisti, l’importante è che si senta libero di respirare e, respirando, di amare il suo dio o i suoi dei in un rapporto intimo.

Se la religione di un uomo non è la religione della libertà, allora il potere si insinua nelle crepe della sua mente e le peggiori prepotenze, fanatismi e violenze possono accadere. Ma ti può anche semplicemente, banalmente e distrattamente accadere di vivere una vita infelice.

Noi siamo ciò in cui crediamo.

Se nel mondo è possibile che un uomo, Berlusconi, passi alla sua ex moglie un milione e quattrocentomila euro al mese (ma lei ne aveva chiesti molti di più) e tu faccia fatica con i tuoi mille e quattrocento, quattordicimila o centoquaranta che siano, è sicuramente perché hai attribuito troppo potere a certe parti della tua psiche che giorno per giorno si prendono tutte le tue risorse, poi hai creduto che queste parti siamo esterne a te, come un dio metafisico che vive in qualche cielo lontano. Hai creduto nei simboli patricentrici e hai dato potere ai materialisti (interni ed esterni), mentre la tua natura è animica.  Hai creduto nella conoscenza tecnica, finalizzata al potere sociale, invece di credere nella vera conoscenza, finalizzata alla libertà. Hai pensato che la bellezza potesse essere un valore secondario, e hai lasciato che la natura -la quale è l’immagine stessa della tua anima- venisse depredata. Hai dato potere all’Io meccanicistico, che doveva essere uno strumento, anziché al Sè poietico, cioè creativo.

Se è andata davvero così e lo puoi vedere allora sei fortunato. Perché non c’è cosa più bella del risveglio.

La tradizione del Mantra Madre indica un cammino di deprogrammazione dopo il quale ciascuno può sentirsi libero di respirare e respirando di immaginare il proprio dio che è l’immagine del proprio sé. Non c’è dubbio che noi siamo fatti ad immagine e somiglianza del nostro dio. Ciò che siamo dipende dalla idea di dio che alimentiamo respirando.

“Nell’esalazione si ha il giorno, nell’inalazione la notte”, scriveva il grande yoghin Abhinavagupta nella sua opera “Tantra Loka”. Quando esaliamo proiettiamo, cioè immaginiamo noi stessi e il nostro mondo, quando inaliamo riassorbiamo ogni immagine. Quando esaliamo immaginiamo dio e quando inaliamo è dio che immagina noi. In questo senso dio ci dà vita e, sempre in questo senso, dio è una idea dell’uomo. Entrambe le cose sono vere nello stesso istante. L’unione tra dio e l’uomo è una unione d’amore, di desiderio, di passione creativa. È una unione erotica, cioè pro-creativa, perché l’eros è la potente energia creativa della vita. Una unione in cui, l’abbiamo detto, non esiste in verità né soggetto né oggetto, ma puramente la relazione, che è il darsi reciproco, l’amarsi lo svanire l’uno nell’altro per poi rigenerarsi incessantemente. Questa relazione non è monismo né dualismo, ma trinità, poiché comporta l’incessante presenza del terzo elemento: la poiesi, la creazione

Nell’Unione con il tuo dio puoi creare tutto ciò che senti: gioia, fertilità, abbondanza… L’importante è che tu sia libero. Se non sei libero continuerai a perpetuare i tuoi limiti. Le psicologie e le filosofie più o meno ufficiali o alternative potranno solo essere sistemi attraverso i quali riuscirai a sopportare in qualche modo di stare in compagnia di un te stesso prigioniero, misurabile, prevedibile, governabile, per la continuità del sistema, dell’economia e delle istituzioni, non certo per la natura, non certo per l’anima.

Ma tutto ciò che è stato programmato può essere deprogrammato. Il momento è adesso, non rimandare!

La deprogrammazione passa anche attraverso quello che mangi perché gli organi sono gli dei. Ci sono tre movimenti attraverso i quali il corpo -che non è un oggetto- esprime la sua inscindibile unione con gli dei: respirare, mangiare, fare l’amore. In questi movimenti il corpo divora e si annulla, si dona e si rigenera a testimonianza della sua inscindibile unione con l’invisibilità.

Se siamo diventati oggetti è perché abbiamo perduto la nostra unione con l’anima, con gli dei, con la divinità.

La tradizione del Mantra Madre -antichissima e attualissima- ci suggerisce come essere nuovamente uomini e donne ispirate e non marionette: questa è la vera guarigione. Una guarigione che ti lasci dentro a un corpo come dentro ad un oggetto materiale non è mai una guarigione autentica.

Dopo una breve pausa di silenzio, perché la forza e al contempo la chiarezza delle parole di Selene Calloni Williams mi hanno lasciata quasi senza fiato, chiedo all’autrice una precisazione.

“Puoi spiegare più approfonditamente per i nostri lettori i due movimenti della coscienza ai quali hai accennato: la Deprogrammazione è la Intimizzazione?

Sono i movimenti che compie la coscienza attraverso la pratica del Mantra Madre.

Dopo essersi deprogrammata dalle idee indotte (i falsi idei), la coscienza è infatti libera di instaurare un rapporto intimo con la divinità. È il matrimonio mistico, le nozze alchemiche di cui parlano i più grandi cammini esoterici del mondo.

Il simbolo di questi due movimenti è la figura della Grande Madre come rappresentata nelle antiche culture protostoriche. Non a caso ho scelto una di queste figure (la statuetta della donna dormiente conservata al museo de La Valletta di Malta) per illustrare la copertina del libro sul Mantra Madre. Si tratta di figure assolutamente libere, non raccontano alcun mito sociale o religioso, ma solo l’amore e il darsi della Madre Terra. Alcune, come quelle cosiddette a “forma di violino”, che si possono ammirare al museo nazionale di Atene, addirittura sono così pure, libere da ogni interpretazione predeterminata, che paiono contenitori capaci di ospitare ogni e qualsiasi immaginazione. Questo è per me il simbolo di una vera libertà di pensiero e di creazione.

È chiaro che il superamento della superstizione materialistica, che porta a credere nell’oggettività delle cose, annulla anche il tempo e ci consente di riconsiderare le epoche come stati della coscienza. Oggi è evidente, e non solo agli studiosi, che lo stato primitivo non è da pensare come una condizione animale nella quale vi è assenza di intelletto, semmai come uno stato di risveglio dell’anima selvaggia che porta indelebile nel proprio cuore il sigillo di una esistenza beatifica.
Risvegliare quel sé poietico che non ha forma data, che è un puro contenitore di luce e di idee ispirate è il percorso del Mantra Madre, oggi come nel tempo delle origini.

“Un ultima domanda, Selene: puoi dire qualcosa riguardo alla pratica degli esercizi descritti nel libro?”

Quello del Mantra Madre è un percorso esperienziale, composto dalle cosiddette “pratiche di guarigione”, dagli “esercizi spirituali del mattino e della sera” e dagli “oracoli” o “oculati”. Si tratta di pratiche molto potenti ma semplici da applicare, come, per esempio, la “Stella del Mattino” e la “Stella della Sera”, le quali consentono, in pochi minuti, di entrare più serenamente e profondamente nel sonno alla sera, avendo dissolto tutte le piccole e grandi tensioni della giornata, e di acquisire al mattino maggiore energia per la giornata.

Ci sono anche pratiche che riguardano gli avi e i sogni. Praticando il Mantra Madre quotidianamente si ottiene una visione immaginale. Il Mantra Madre lavora nelle profondità della psiche, là dove la psiche è organi e sistema nervoso. Un Mantra è una vibrazione che, se ripetuta con costanza per un certo periodo di tempo, viene assimilata dai meccanismi automatici del corpo, da quella che il grande yoghin Sri Aurobindo chiamava “mente delle cellule”. Allora il corpo fa propria quella vibrazione ed incomincia a ripeterla in modo automatico. Aurobindo ha chiamato questa prerogativa del Mantra di entrare nel corpo “potere automatico”. Una volta entrato negli automatismi neurovegetativi del corpo, il Mantra attiva nelle profondità della psiche il messaggio che porta con sé.

Il Mantra Madre è portatore della volontà e del potere di smaterializzare e depersonalizzare il reale. In tal modo esso sviluppa la cosiddetta “visione immaginale” che ci porta a percepire gli eventi non come fatti indipendenti dalla nostra volontà di immaginarli e generarli, ma come proiezioni di archetipi istintuali che possiamo riassorbire e trasformare. In questo modo comprendiamo con sempre maggiore intensità di essere i sognatori di quel sogno che chiamiamo vita, cessando di essere nel ruolo di vittime del nostro destino.

Tutto ciò accade senza sforzo, è un processo automatico. Deve però essere accompagnato dalla ferma volontà di raggiungere il risveglio, dalla fede nell’anima, nell’invisibile e da tanta capacità di darsi e di amare. A tutti coloro che sanno e vogliono amare il Mantra Madre può aprire la porta del risveglio finale.

Mantra Madre, la tradizione e le pratiche segrete del matrimonio mistico e del risveglio